La professoressa - allora non si chiamava ancora “prof.” - dettava la
traccia del tema: si avvertivano borbottii di commento, qualche risata,
qualche “nooo” sospirato e poi, cadeva il silenzio. Gli sguardi vagavano
intorno alla classe e fuori dalle finestre, le dita attorcigliavano i
capelli, le penne scarabocchiavano o venivano addentate finché, pochi
minuti dopo, cominciavano a scrivere. Guardavo i miei compagni e mi
chiedevo cosa stessero scrivendo, giocavo a immaginare i loro tanti
possibili incipit e rimanevo immobile, sentendo la solitudine cui mi
confinava il non scrivere in quella comunità di “scriventi”, sentendo
che il tempo a disposizione stava scorrendo, sentendo lo sguardo un po’
irritato della prof, che a volte da solo, a volte accompagnato dalle
parole, mi sollecitava a cominciare. E cominciavo, sulla scorta di quel
sentire che riempiva, almeno un po’, il vuoto di emozioni in cui si
collocava quel compito da svolgere, quella scrittura dovuta e richiesta
in termini di una convenzionalità cui i miei compagni e io stessa
finivamo per adeguarci, seguendo il copione prestabilito. Quale spreco
di emozioni in tutto questo e quale spreco di pensiero e di conoscenza,
se, come tutti sappiamo, il conoscere e il sentire non possono che
crescere insieme, nello spazio del loro connettersi e mescolarsi e se il
piacere di scrivere non è escluso “per destino” dall’esperienza
scolastica.
A fronte di quella povertà ho deciso di procedere, scrivendo questo intervento, a una sorta di risarcimento danni, mettendo in scena un eccesso: le innumerevoli emozioni che suscitano, motivano, provocano, accompagnano, incoraggiano, nutrono, interpellano, sfidano la scrittura quando essa non corrisponde allo svolgimento di un tema scolastico, ma alla ricerca costruzione di un frammento di significato esistenziale. E per fare questo mi sono materialmente circondata di amici, i poeti e gli scrittori che più amo, riempiendo il piano della mia scrivania con tutti i loro libri: la loro scrittura, infatti, a differenza di quella dei miei compagni di classe, fa compagnia al mio scrivere, ne costituisce lo sfondo e il filo rosso che percorre ed evidenzia la trama, regalandomi spunti e connessioni che illuminano e scaldano la fatica del ricercare e del mettere in parola, scrivendo. Che i miei amici vi siano per lo più noti e che io li abbia richiamati altre volte, parlando o scrivendo, non costituisca elemento di biasimo da parte vostra: la mia speranza è che vi renda empaticamente complici, disponibili a comprendere che non potevo riflettere sulle emozioni dello scrivere se non a partire dalle emozioni che hanno reso possibile – o necessario, o ineludibile – il loro scrivere da cui tanto ho preso in termini di studio, di crescita, di accompagnamento nel mio percorso esistenziale. Senza la loro compagnia, quest’appuntamento avrebbe rischiato di somigliare a un compito in classe da cui sarei fuggita perché… non è più il tempo dell’obbligo!
A fronte di quella povertà ho deciso di procedere, scrivendo questo intervento, a una sorta di risarcimento danni, mettendo in scena un eccesso: le innumerevoli emozioni che suscitano, motivano, provocano, accompagnano, incoraggiano, nutrono, interpellano, sfidano la scrittura quando essa non corrisponde allo svolgimento di un tema scolastico, ma alla ricerca costruzione di un frammento di significato esistenziale. E per fare questo mi sono materialmente circondata di amici, i poeti e gli scrittori che più amo, riempiendo il piano della mia scrivania con tutti i loro libri: la loro scrittura, infatti, a differenza di quella dei miei compagni di classe, fa compagnia al mio scrivere, ne costituisce lo sfondo e il filo rosso che percorre ed evidenzia la trama, regalandomi spunti e connessioni che illuminano e scaldano la fatica del ricercare e del mettere in parola, scrivendo. Che i miei amici vi siano per lo più noti e che io li abbia richiamati altre volte, parlando o scrivendo, non costituisca elemento di biasimo da parte vostra: la mia speranza è che vi renda empaticamente complici, disponibili a comprendere che non potevo riflettere sulle emozioni dello scrivere se non a partire dalle emozioni che hanno reso possibile – o necessario, o ineludibile – il loro scrivere da cui tanto ho preso in termini di studio, di crescita, di accompagnamento nel mio percorso esistenziale. Senza la loro compagnia, quest’appuntamento avrebbe rischiato di somigliare a un compito in classe da cui sarei fuggita perché… non è più il tempo dell’obbligo!
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